Formulare una strategia aziendale in condizioni di incertezza

Formulare una strategia aziendale in condizioni di incertezza

“Oggi siamo in un mondo complesso e turbolento, dove programmare è praticamente impossibile”: quante volte abbiamo sentito questo concetto?
Sempre più imprenditori infatti, soprattutto nelle PMI, si trovano a dover gestire i problemi legati alla quotidianità a scapito della naturale propensione ad “immaginare il loro futuro”; questo ovviamente ha a che fare con le necessità operative (strettamente collegate tuttavia anche alla presenza/qualità della struttura manageriale) ma, se non si riesce a spostare il focus, si mette a serio rischio la sopravvivenza stessa dell’azienda, un po’ come guidare la macchina in condizioni di forte nebbia: sappiamo cosa succede a un metro, ma non sappiamo qual è la direzione da prendere o, peggio ancora, se siamo in un vicolo cieco e davanti abbiamo un muro.

È possibile quindi formulare e poi monitorare una strategia in condizioni di complessità (interna, legata alle molteplici combinazioni di clienti/prodotti e mercati) e incertezza (esterna, legata alla turbolenza dell’ambiente in cui la PMI opera)?
Non esistono soluzioni “magiche” ma, nella nostra esperienza, abbiamo verificato funzionare meglio le aziende che hanno introdotto strumenti flessibili al momento della costruzione e strumenti rapidi nel fornire feedback.

In fase di pianificazione strategica, la soluzione che tipicamente viene utilizzata è quella di prevedere degli scenari (base, best e worst); questi sicuramente hanno il vantaggio di prendere in considerazione la proiezione dei principali key driver del business e delle variabili politiche, economiche, sociali, tecnologiche e legislative (attraverso l’analisi PESTEL) ma, tipicamente, declinano lo stesso business model al variare “incrementale” delle condizioni (ad esempio cosa succede se i miei ricavi crescono o diminuiscono dell’x%). Tuttavia, per poter essere sufficientemente flessibili ed in grado di costruire una strategia efficace, è necessario prendere in considerazione scenari più estremi ma plausibili che porterebbero anche cambiare l’approccio aziendale al mercato, permettendo quindi di individuare nuovi modi per competere; spesso, infatti, si ha difficoltà a riflettere su cambi di paradigma perché è più confortevole (e riflette anche un bias comportamentale) pensare che il futuro sia una “semplice” prosecuzione degli eventi passati. Per ovviare a questa impostazione, anche le aziende già consolidate dovrebbero adottare una logica da start up che verifica continuamente la sostenibilità del proprio business model e, se del caso, la necessità di cambiare strada (“pivot”). Va sottolineato infatti che le decisioni strategiche non sono valide per sempre, ma devono essere continuamente riviste e testate: non c’è un’unica strategia vincente e non c’è nemmeno un set definitivo di scelte strategiche, dal momento che ciò che sembra ottimale oggi può essere sbagliato in maniera anche rilevante domani (ad esempio sono emblematiche le conseguenze delle strategie di Nokia, Kodak o Blockbuster a fronte di cambiamenti dell’ambiente competitivo inizialmente non compresi o sottovalutati).

Capita quindi l’utilità di avere più scenari, quanti dovrebbero essere? In questo caso la sfida maggiore è riuscire a determinare scenari plausibili: se si considerano infatti le variabili chiave prese singolarmente, già tener conto di quattro (numero quindi molto basso) elementi (es. impatto COVID, durata della guerra in Ucraina, andamento dell’inflazione e dei tassi di interesse, cambio di normativa), porta a determinare un numero considerevole di scenari. Ipotizzando infatti che ogni variabile abbia tre livelli di impatto e che si debba poi valutare anche il verificarsi di tali impatti in termini temporali (più rapido, come previsto, più lento), si hanno 36 possibili scenari, numero sicuramente non gestibile. Ecco allora che, nella determinazione degli scenari “estremi ma plausibili” sia necessario comprendere le interdipendenze tra le variabili stesse (es. durata della guerra, aumento costi materie prime, spinta inflazionistica, aumento dei tassi) per creare dei mix. A tale attività va affiancata l’identificazione di indicatori soglia che, funzionando da segnali “premonitori”, si comportano da trigger: quando si avverano cioè, fanno scattare un aumento di probabilità di realizzazione di un determinato scenario, portando quindi ad un approfondimento delle azioni da attuare se si realizza.
A livello iniziale di pianificazione, quindi, è necessario cercare di individuare quali potrebbero essere le azioni strategiche che siano compatibili con tutti gli scenari ipotizzati e non ricercare la massima efficienza a vantaggio della maggior capacità di risposta.

La strategia individuata va quindi “testata” a fronte dei diversi scenari ipotizzati, attraverso il processo della “galleria del vento” (ideato da Kees van der Heijden di Shell); secondo questa metodologia, così come l’aerodinamica di un aereo deve essere validata in laboratorio per verificare il comportamento in ogni possibile condizione atmosferica (e non quindi solo col bel tempo) in modo da apportare le opportune correzioni e capire la tenuta strutturale, così anche la strategia aziendale, divisa nelle varie aree (prodotto, marketing, mercati, produzione, ecc.) deve capire cosa è in grado di “resistere” al variare degli scenari, fornendo quindi un elemento di relativa certezza e cosa va invece modificato per fornire una soluzione più adeguata.

Nel momento poi in cui una determinata strategia viene posta in essere, è necessario monitorare la sua “traiettoria” di avanzamento, attraverso la raccolta di dati sia contabili che extra-contabili che permettano di capire, tempestivamente, se la strada intrapresa è ancora valida o se è necessario effettuate delle modifiche parziali o sostanziali (pivot). La numerosità dei dati, la tempistica di raccolta e la significatività degli scostamenti sono specifici di ogni settore/fase della vita aziendale e vanno quindi tarati di conseguenza, facendo attenzione alla significatività del dato rispetto alla sovrabbondanza: ogni imprenditore dovrebbe quindi avere una dashboard sintetica che gli permetta di capire velocemente ma in maniera completa lo stato aziendale in un’ottica forward-looking: non solo quindi dati economici ma anche patrimoniali e finanziari, corredati da elementi specifici di business che funzionano da segnali “premonitori” (es. ricavo medio per camera negli hotel, utilization rate di un team di programmatori, ecc.).

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